2011-12-09

Radiazioni di Fukushima

Sono passati mesi ormai dal disastro naturale (che poi ha portato a quello atomico) di Fukushima e sui giornali è difficile trovare ancora qualche riferimento a quegli episodi.
Però la scienza non si ferma e cominciano ad uscire i primi studi sul rilascio radioattivo conseguente; oggi commento questo pubblicato dall'ACPD, che ha riunito studiosi di Norvegia, Austria, Spagna e Stati Uniti. L'abstract non è facile da leggere, per cui consiglio a chi legge l'inglese di aprirsi il documento di discussione in pdf; per chi non mastica l'inglese (e si fida di me!), ne riassumo le conclusioni.
Il metodo usato dal gruppo di studio utilizza una modellazione inversa su un modello di trasporto (chiamato flexpart) che, secondo gli studiosi, è stato in grado di fornire un buon accordo, con le misure di deposito radioattivo in varie parti del mondo, tra cui anche l'Europa, nonostante le approssimazioni che sono state necessarie nell'elaborazione.
Per prima cosa, è da notare l'altissima emissione in atmosfera di Xe133, più del doppio di quella di Chernobyl, praticamente tutto il contenuto dei reattori 1-3; tale emissione è cominciata immediatamente dopo la fermata automatica dei reattori, dovuta al terremoto. Questo indica che già in quel momento le strutture erano talmente danneggiate da non essere più sigillate; l'arrivo dello tsunami ha "soltanto" peggiorato la situazione.
Per quanto riguarda il Cesio137 (Cs), risulta un'emissione totale di circa il 42% rispetto a Chernobyl, che comunque rappresenta il ragguardevole livello medio di 36 PBq e che corrisponde a circa il 2% dell'attività "disponibile" all'interno dei reattori 1-3 e 4. Cioè, ci è andata bene! Si notano forti incrementi dopo i vari scoppi, specialmente il primo, nel reattore 1.
Questo rilascio di attività all'esterno risulta quindi essere maggiore di quanto fornito dal governo giapponese e tale rilascio è continuato almeno fino a quando si è cominciato a gettare acqua sulla vasca del combustibile esausto del reattore 4: nonostante questo abbia generato il versamento di attività in mare, è stata comunque un'azione fruttuosa. L'emissione più alta di quanto affermato è in accordo con misure effettuate dall'Istituto Centrale di Meteorologia.
In generale, è stato detto che il vento sul Giappone ha sempre spinto la radioattività verso l'oceano, ma non è sempre stato così. Proprio nel momento di emissione massima di Cs, la nuvola radioattiva è stata spinta da una zona ciclonica sull'isola di Honshu, dove ha provocato forti precipitazioni, con conseguente deposito di Cs radioattivo sul terreno. Tuttavia avrebbe potuto andare peggio: infatti non ha piovuto mentre la parte più densa della nuvola passava su Tokio! Situazione simile, con forti piogge una settimana dopo, quando però l'attività emessa era minore, anche se ancora alta. In conclusione, almeno l'isola di Honshu ha ricevuto sul terreno molto Cs, con possibili effetti deleteri in futuro.
La nuvola si è poi dispersa rapidamente in tutto l'emisfero nord terrestre: il 15 marzo il Xeon ha raggiunto gli Stati Uniti, seguito dal Cesio attorno al 19 marzo; l'Europa è stata raggiunta il 22 marzo da una nuvola ricca di Xe, ma povera di Cs, nuvola transitata dal Nord Pacifico al Nord Atlantico con un fronte atmosferico, per finire poi sull'Europa del Nord. Concentrazioni un po' più alto di Cs hanno raggiunto l'Europa alla fine di Marzo. Per la metà di aprile, lo Xe era distribuito uniformemente alle latitudini intermedie su tutto l'emisfero settentrionale.
L'analisi quantitativa mostra che circa il 19% del materiale radioattivo si è depositato sul Giappone, mentre circa il 2% è finito su terreno negli altri paesi. Il restante (79%) è finito in mare.
Gli stessi autori fanno notare che lo studio non ha compreso lo Iodio131, anch'esso radioattivo.
Nella nota finale, viene detto che tutti i dati su cui si è basata la loro analisi non erano in teoria disponibili: sono stati raggiunti solo tramite conoscenze personali e ricerche apposite; per cui chiedono che tutte le organizzazione in possesso di dati li mettano a disposizione per raffinare le conclusioni.

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