2009-10-11

Batterie nucleari e virali

Alcuni ricercatori dell'Università del Missouri stanno provando a ridurre ai minimi termini una pila nucleare, in modo che sia possibile utilizzarla al posto delle attuali pile alcaline.
Il sistema è semplice: un preparato radioattivo decade emettendo particelle cariche (la normale radioattività) e queste possono essere raccolte per generare corrente elettrica. L'idea non è nuova: simili apparati sono utilizzati da tempo per dare energia ad alcune navicelle spaziali e (manco a dirlo) in campo militare; ma mentre da un lato c'è l'enorme vantaggio che un decadimento radioattivo può durare migliaia di anni, con conseguente durata della batteria, dall'altro c'è il fatto che questi dispositivi sono troppo grandi per alimentare qualcosa di più piccolo di un sottomarino.
In effetti l'energia a disposizione garantirebbe una corrente costante per moltissimo tempo, ma le particelle ad alta energia emesse, a lungo andare danneggiano il semiconduttore solido che deve raccoglierle: è ovvio. È proprio per questo che la pila deve avere grandi dimensioni, in modo da avere sempre un guscio di semiconduttore che fornisce corrente. Allora la scelta dei ricercatori è stata di utilizzare un semiconduttore liquido, che le particelle non possono danneggiare.
Ora la ricerca sta cercando di miniaturizzare il tutto, per arrivare a batterie di dimensioni normali, ma con una durata milioni di volte maggiore di quelle attuali.
Naturalmente, il nome "nucleare" può può far pensare ad una via non praticabile, visti i problemi di sicurezza p.es. dei reattori di potenza; tuttavia, alcuni sistemi basati sulla radioattività atomica sono normalmente usati nella vita comune: pensiamo ad esempio ai pacemaker! Inoltre proprio il liquido che estrae corrente elettrica serve anche per schermare l'esterno dalle radiazioni potenzialmente dannose.

Qualche mese si è parlato ancora di batterie, ma questa volta basate su virus modificati geneticamente: in questo modo, tali virus non sono pericolosi per l'uomo e verrebbero usati per costruire micro-poli elettrici delle dimensioni di un decimo di un capello. I ricercatori del MIT sono così riusciti a produrre una sotticle pellicola che agisce come un anodo. Al momento le pile così costruite hanno le dimensioni di una moneta, ma si pensa di poter ulteriormente scendere più in basso, fino ad avere batterie che prendono la forma dello strumento elettronico che alimentano. Al momento possono subire un centinaio di cicli di carica-scarica prima di perdere efficienza, ma ci si attende di migliorare ulteriormente. Inoltre non verrebbe usato alcun materiale potenzialmente dannoso per l'ambiente.

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