Ad aumentare la confusione, spesso i costruttori di stampanti non parlano di quanto esposto nel post precedente; è comunque chiaro che quando viene detto che il file migliore deve avere una risoluzione tra 250-300 dpi anche se la stampante dichiara 1440dpi o più... il resto va nel numero dei livelli! Come già detto, questo aspetto vien spesso trascurato (ho trovato solo questo sito che ne parla).
Partiamo allora proprio da questo caso: per una fotografia di dimensioni 20x30cm sono necessari circa 300dpi. Questo dato non dipende dalla stampante: è una caratteristica dell'occhio! Alla distanza di osservazione attorno ai 25cm, l'occhio arriva infatti a vedere circa 10 linee/millimetro.
Detto meglio, più la distanza a cui verrà osservata la foto è minore, più l'occhio vede particolari più piccoli e maggiore dovrà essere il numero di punti per fare in modo che l'occhio veda al loro posto solo un continuo di colore. Altrettanto, una gigantografia non avrà bisogno di un grande dpi di stampa, dato che sarà osservata da ragguardevole distanza. Per assicurarcene, guardiamo da vicino un tabellone pubblicitario (sempre che riusciamo ad avvicinarsi abbastanza!): vedremo che il colore che giudicavamo uniforme, è formato da molti punti vicini! In questo modo abbiamo usato un dpi minore, ma sufficiente allo scopo (il cartellone). Per vedere i punti in una foto 20x25 avremo bisogno di una buona lente.
In genere, si suppone che la distanza di visualizzazione sia circa uguale alle dimensioni maggiori della stampa; p.es. una stampa di 20x25 viene osservata circa da 25cm. La seguente tabella si basa sulla curva di risoluzione dell'occhio e fornisce i dpi richiesti per una certa distanza di osservazione:
distanza (cm) | dim.minime visibili (mm) | dpi |
---|---|---|
30 | 0.087 | 295 |
40 | 0.12 | 210 |
50 | 0.15 | 170 |
Supponiamo ora di avere una stampa fotografica, che vogliamo scannerizzare e stampare in dimensioni diverse dall'originale.
Le formule partono dalla conoscenza del fattore di ingrandimento, dato da:
dimensione uscita = fattore ingrandimento * dimensione originale
Una volta calcolato il fatto di ingrandimento, si usa la seguente:
fattore ingrandimento * risoluzione immagine = risoluzione scansione
Esempio: la stampa di partenza è 20x25 e vorremmo stamparne una copia di formato 30x40; il fattore di ingrandimento è di circa 1.6. Dato che per una stampa di quel formato, osservata a circa 40cm, possono bastare 210dpi di stampa. Dalla seconda formula: 1.6x210=336dpi, da impostare sullo scanner.
Nel caso di una foto digitale, la risoluzione di scansione è fissa (i megapixel della macchina), ma occorre conoscere anche le dimensioni del CCD. Per un 5Mpx (2560x1920) supponiamo un CCD da 2/3"=0.67" (=1.69cm); la risoluzione di scansione sarà 2560/0.67=3800dpi. Volendo ottenere una stampa 20x25, il fattore di ingrandimento è 25/1.69=14.8; la risoluzione dell'immagine ottenuta è 3800/14.8=256, un po' al limite, ma sufficiente per una foto di questo formato.
Per una stampa 35x50, il fattore di ingrandimento è 50/1.69=30 e la risoluzione possibile diventa 3800/30=130.
Nota: sembrerebbe che usare un sensore più piccolo con gli stessi Mpx migliori la situazione! C'è però un limite tecnologico sotto il quale non si può andare, pena lo scadimento del risultato (rumore dell'immagine). Anzi: la via è di usare sensori grandi, mantenendo il più piccolo possibile il singolo pixel.
La tentazione che viene è quella di aprire l'immagine in Photoshop o Gimp e cambiare il numero dei pixel in modo da avere il dpi corretto per il formato voluto. Entro certi limiti questo può essere fatto: se abbiamo 270dpi possiamo provare ad ottenere 300dpi; le routine dei programmi di fotoritocco sono in grado di estrapolare abbastanza bene i pixel che mancano, ma non fanno miracoli! Non pensiamo di passare da 150 a 300dpi senza avere uno scadimento generale: nessuno può inventare l'informazione che non c'è!
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