2025-12-15

Riflessioni sul test di Fisica per Medicina

Ora che quasi tutti hanno (s)parlato sul quiz di Fisica per Medicina, dopo essermi un po' documentato, penso di poter intervenire (documentarsi è fuori moda, ma sono fatto così): sono un fisico, ho insegnato nei licei e lavorato in aziende a contatto il mondo medico: dovrei avere abbastanza titolo.

1) Definizioni: errate. L'attuale metodo del semestre filtro, è stato presentato come un superamento del numero chiuso; due errori: primo, non si tratta di un semestre. All'università, un corso annuale si compone di circa 9 mesi di lezioni, mentre un corso semestrale è attorno ai 4 mesi; qui si è trattato di 2 mesi e mezzo nel caso migliore. Se fossimo ottimisti, potremmo chiamarlo trimestrale. Per la precisione, dovrei sapere quante ore settimanali erano dedicate ad ogni corso; in ogni caso, anche condensare troppo le lezioni è dannoso: c'è bisogno di tempo a lezione finita per ricapitolare quanto visto. Secondo: non si tratta di un filtro vero e proprio: infatti, se superato, porta allo studente anche i tre esami di Biologia, Chimica e Fisica; di solito il filtro è qualcosa che taglia senza lasciare tracce. I risultati concorrono al punteggio finale di laurea.

2) Numero chiuso: sempre presente. Il numero chiuso a Medicina è sempre attivo e per un'ottima ragione: i laboratori dei vari atenei hanno un numero massimo di posti disponibili e le lezioni di laboratorio non possono essere seguite da remoto. L'unica soluzione è investire soldi in nuovi laboratori (e corrispondenti docenti); fino a quando non succederà, il numero chiuso dovrà restare. Niente complotti tesi a creare pochi medici. Non ci sono questi problemi con altre facoltà come Fisica, Informatica, Chimica... dove le iscrizioni sono basse già in partenza (spesso ci sono prove di ingresso non selettive, con lo scopo di indicare agli studenti il loro livello). Situazione mista per i Politecnici (ma non è mai stata creata questa eco per mancati ingressi ad un Politecnico).

3) Tipo di prova: corretta. Ogni facoltà doveva valutare da 1500 a quasi 5000 studenti; per farlo in tempi ragionevoli, il quiz a risposta multipla è l'unica possibilità (domande precise, risposte rapide); qui è stato deciso di inserire anche una parte a completamento (che introduce soggettività di valutazione e ambiguità nelle risposte: p.es. il tipo di moto del proiettile dovrebbe essere indicato come parabolico, ma la risposta curvo, non è errata). Per migliorare la selezione, è stato introdotto un tempo massimo: di solito da 30 a 90 secondi a domanda: nel test è stato di circa 87 secondi. Considerando la difficoltà delle domande (secondo me, si andava da circa 10 secondi a 2 minuti), direi che è stato corretto.
Per contro, un test di questo tipo deve essere progettato con molta attenzione ed è adatto solo alla verifica delle conoscenze (le competenze richiedono quesiti più complessi). Anche la preparazione per questo tipo di test è differente da una prova orale o scritta con problemi.
Ho sempre il solito dubbio: perché non ammettere le calcolatrici? È così in ogni concorso o prova pubblica; si vuole sul serio valutare se si è in grado di applicare la formula dell'effetto Doppler a mente? Non sarebbe invece meglio valutare il saper usare una calcolatrice? Chi la userà per fare 7x8 verrebbe comunque svantaggiato, dato che si fa più in fretta a mente.

4) Argomentiadeguati. Il syllabus di Fisica (l'ex programma di esame) è molto simile alle indicazioni nazionali per un liceo scientifico, ma adattato alle necessità di un medico (no gravitazione o modelli atomici). Niente Fisica Nucleare, come ho persino letto da qualche parte. Alcune parti spesso non vengono svolte neanche in uno scientifico (alla fin fine, sono indicazioni), privilegiando lo scritto dell'esame di stato per ogni indirizzo: i decadimenti radioattivi, le radiazioni ionizzanti e non, dovevano quindi essere studiati dalla maggior parte degli studenti. Questo avrebbe dovuto essere il contenuto dei corsi da 2 mesi che ogni ateneo ha attivato. Considerando la durata ridotta dei corsi, mi pare ovvio che siano serviti a poco; non posso valutarli, non avendoli seguiti. Dico solo che in poco tempo, avrebbero potuto essere focalizzati sugli argomenti meno svolti nella secondaria, solo ripassando quelli noti.

5) Qualità del test: bassa. La progettazione non è semplice: occorre prevedere dei distrattori ben fatti, possibili errori tipici nei calcoli, risposte non ambigue. Quelle del tipo "nessuna delle precedenti" vengono di solito indicate come errori di progettazione, così come le risposte ridondanti o sovrapposte. Si deve usare la stessa notazione in tutta la domanda e in tutte le risposte.
Purtroppo in entrambi gli appelli gli errori non sono pochi: in almeno un caso, la risposta corretta era riportata due volte; in un altro, è stata usata una notazione vettoriale in una parte di domanda e una notazione differente nella restante parte, con possibili risposte diverse, a seconda dell'interpretazione. Molti errori di base: il fisico che vede scritto Km, deve interpretarlo come kelvin metro (temperatura per lunghezza): ma questa notazione è stata usata per indicare i chilometri (km). Ci sono poi cose orribili (sec al posto di s, per secondi) e altre che non riporto. A questo punto spero che gli estensori dei test non siano fisici... Possono sembrare cose trascurabili, ma quando si tratta di valutare, si deve essere precisi. Sono poi riportati numeri di un altro mondo (letteralmente), come la densità dell'acqua a 1000 kg/cm3. Non può essere una scusa l'errore di stampa: primo, perché questo uso scellerato delle unità di misura è sistematico; secondo, perché se non si spende tempo a controllare quanto scritto, non si da importanza al compito e agli studenti che devono risolverlo. Almeno 2-3 quesiti non erano univocamente comprensibili, non per la difficoltà ma per come sono stati esposti.

6) Difficoltà del test: media, tendente al basso. La mia valutazione è basata sulla difficoltà delle domande (considerandole tutte corrette, vedi punto precedente) e sulla possibilità di rispondere ad almeno 18 di esse, arrivando alla sufficienza. In pratica, c'erano almeno 18 domande a cui uno studente diplomato avrebbe potuto rispondere? Certamente sì, considerando conoscenze medie.

7) Solo Fisica? NO! Tutti si sono focalizzati sul fallimento del test di Fisica (10% di promossi), ma anche gli altri due, con il 20% di promossi, non sono da meno. Nel migliore dei casi, l'80% degli studenti non l'ha passato. E allora perché stiamo parlando solo di Fisica e non di un problema generale? Forse perché la maggior parte della gente considera Fisica come la materia più incomprensibile del creato. Salvo poi discuterne sui social come possedessero un PhD.

8) Fisica è utile al medico? Accidenti, sì (come Biologia e Chimica). Avere un'idea di cosa stia dietro un ecotomografo, la differenza tra una RM e una CT, come si comporta un fluido in una vena, è giusto faccia parte del suo bagaglio, affinato poi lungo il cammino. C'è piuttosto da chiedersi perché le tre materie non siano state considerate degne di un esame ciascuna, tutto per sé.

9) La contemporaneità degli esami può aver creato problemi? Probabilmente sì. Anche se non avrebbe dovuto. Un esame universitario annuale (9 mesi di corso) ha un carico simile (anche se una parte avrebbe dovuto essere già nota). Tuttavia è chiaro a tutti i docenti di secondaria che gli studenti sono spesso abituati a suddividere i carichi, quindi non più di una materia per volta. Tre esami separati (e completi) avrebbero risposto meglio.

Considerazioni finali

L'esperimento di una nuova gestione del numero chiuso è stato un fallimento, anche certificato dalla possibilità di backup proposta come rimedio, con il fantasma di non ricoprire tutti i posti disponibili. L'unione di esami e requisito di accesso è dannosa in partenza: uno studente che alla fine non supera uno dei tre esami, deve attendere il prossimo anno per iscriversi ad un altro corso di laurea, a meno di ulteriori capriole di regolamento. In condizioni normali, avrebbe colmato i buchi e ridato l'esame all'appello successivo. A questo aggiungiamo le tasse pagate. Allora, meglio la situazione precedente, con test d'ingresso sfrondato di domande non attinenti ed i tre esami da superare, separatamente, dopo corsi semestrali (veri).

Ora ci si troverà a non ricoprire tutti i posti disponibili, oppure ad abbassare il livello (spero di no, visto che qualcuno dovrà essere curato dai nuovi medici).

Certo, sarebbe meglio eliminare il numero chiuso e lasciar fare alla selezione naturale (al mio accesso a Fisica, eravamo una cinquantina, arrivati in fondo in meno di 20). Tuttavia, abbiamo visto che questo implica investire risorse e soldi.

Un fattore positivo (ma amaro) c'è! È finalmente visibile a tutti l'elefante in salotto (però già noto a molti docenti): c'è uno scollamento tra la preparazione in uscita dalla secondaria e quella attesa in ingresso dall'università. Semplice: se il 98% degli studenti supera l'esame finale, il filtro in ingresso all'Uni non dovrebbe segare l'80-90% degli iscritti, quando tale filtro si basa sulle conoscenze da diploma; è come se una parte misurasse in centimetri e l'altra in pollici. Quindi le conoscenze, inspiegabilmente, latitano.

Il problema, però, non è ristretto a queste: quando leggo che i tempi del test dovevano essere più lunghi, che 3 materie nello stesso giorno non vanno bene, o che durante questi test c'è troppa ansia, allora abbiamo un problema ben più grande: mancano competenze generali! Dopo cinque anni di verifiche e interrogazioni, l'ansia deve essere gestita; si deve essere in grado di ridurre i tempi, magari saltando le domandi più difficili; si deve essere capaci di portare avanti argomenti diversi in contemporanea. Le direttive scolastiche si focalizzano invece spesso su competenze più mirate, come il problem solving; ma qui siamo messi peggio: prima di aggiustare il rubinetto che perde, accertiamoci che l'acqua arrivi nei tubi.

Inutile negarlo: queste sono competenze che si sviluppano a scuola, dalla primaria fino alla secondaria. E non possiamo dare la colpa ai ragazzi di non averle sviluppate; raramente vengono loro richieste (l'ho visto da genitore, da docente e da professionista aziendale, quando si trattava di assunzioni). Sul perché questo accada, pur avendo le mie idee, preferisco non esporle: ho sempre visto che porta solo a dare la colpa agli altri, senza condurre a proposte solutive. Magari, un'altra volta.

Cominciamo a riconoscere la presenza dell'elefante nel salotto: sarebbe già un'ottima cosa.

2025-10-20

MacOS Dual Boot (installazione da disco esterno)

Recentemente ho avuto un problema "divertente": aggiornato al nuovo MacOS Tahoe, ho scoperto che la minaccia di sospendere completamente il supporto alle schede audio FireWire (ampiamente annunciato, devo dire...) è arrivata a buon fine: la scheda (una MOTU Traveler mk3) non veniva più vista. La cosa si vede anche entrando nelle Informazioni di Sistema (Menu Mela, tenendo premuto il tasto Option): andando nella sezione Estensioni:


La prima idea è stata quella di tornare indietro al precedente MacOS Sequoia, dove tutto funzionava, però: 

  • il nuovo sistema non mi dispiace, la velocità del nuovo Spotlight è impressionante, per cui vorrei tenermi l'aggiornamento (il download era stato piuttosto lungo);
  • da quando ho scoperto come mettere i contenuti audio di Logic su un disco esterno, ho spazio disponibile sul disco.
Mi è allora venuta l'idea di installare il vecchio OS su un secondo volume dell'SSD interno, realizzando un sistema Dual Boot, decidendo all'avvio da quale disco far partire il sistema.

Col senno di poi, ho scoperto che se si volesse creare un utente diverso dall'amministratore attuale sul nuovo volume, deve essere aggiunto prima della creazione del nuovo volume (cioè sul volume esistente). 

Da qui in poi, soprattutto nei primi passaggi, occorre un minimo di attenzione: la possibilità di perdere dati è reale, anche se bassa. Quindi, prima di dare un OK, controlliamo che la selezione sia quella giusta e stiamo attenti a quanto stiamo per fare. È necessario l'uso del terminale di MacOS: quando si sbaglia a scrivere, si possono fare buoni danni. Inoltre dobbiamo fare tutto da un account amministratore, di cui conosciamo la password.

Per prima cosa, mettiamo a scaricare l'OS che vogliamo aggiungere (nel mio caso Sequoia), così, mentre facciamo il resto, ci portiamo un po' avanti (sono 15 GB di roba). L'installer si trova sullo Store: cercare tra gli acquisti passati, cliccando sul proprio nome, in basso a sinistra.

L'SSD interno è formattato in APFS, per cui non si rischia nulla ad aggiungere un nuovo volume (non è nemmeno necessario il riavvio): lanciare Utility Disco (usando Spotlight è più rapido), selezionare "Mostra tutti i dispositivi"


selezionare il contenitore del disco interno
e dal menu sulla destra scegliere di aggiungere un nuovo volume
(niente "partizione", a meno di non voler creare un disco per Windows). Il nuovo volume condivide lo spazio con quello esistente, per cui non è necessario decidere quanto spazio dedicare.

Naturalmente, bisogna formattarlo (attenzione a scegliere quello appena inserito e non l'altro...), per il quale scegliamo ancora APFS (teniamo la mappa di partizione consigliata): dopo una decina di secondi avremo un nuovo volume pronto a ricevere dati. Ora dobbiamo attendere che finisca il download del sistema (è il momento di alzarsi per fare un giro e riposare gli occhi).

Download finito, l'installer è stato scaricato nella cartella Applicazioni. Ce ne accorgiamo perché viene lanciato in automatico e ci dice che non può fare nulla su un sistema più recente: ovviamente ha ragione! Se provate a fare doppio click, vi darà la stessa risposta.

L'unico modo è costruirsi un disco esterno riavviabile che carichi l'installer prima del sistema attuale. Se abbiamo una pennetta USB3 da almeno 20 GB possiamo usarla, senza dedicargli un disco esterno: infatti il successivo passaggio ne cancellerà tutto il contenuto (siete avvisati).

Inseriamo la chiavetta scelta in uno slot diretto del Mac: meglio non fidarsi di un hub, per quanto sia alimentato; se necessario, usiamo uno di quei raccordi a USB-C di cui saremo già forniti. Supponiamo che questa chiavetta si chiami "MioDisco", per indicarla nel comando successivo.

Apriamo il Terminale (usando nuovamente Spotlight) e scriviamo con cura il seguente comando, rispettando spazi e lettere maiuscole/minuscole:

sudo /Applications/Install\ macOS\ Sequoia.app/Contents/Resources/createinstallmedia --volume /Volumes/MioDisco

Ci verrà richiesta la password da amministratore e il processo comincia; è piuttosto lungo: deve creare tutto quello che serve perché la chiavetta possa avviare il Mac e dopo deve copiare al proprio interno 15 GB di roba, per cui dobbiamo pazientare. Il terminale mostra l'avanzamento delle operazioni.

Una volta finito, abbiamo un volume USB in grado di riavviare il Mac, dal nome Install macOS Sequoia:




Però il Mini non sa che deve usare proprio quello per avviarsi. Bisogna quindi trovare in rete (meglio sul sito di supporto Apple) come arrivare al riavvio in Safe Mode: sul mio Mac Mini M1 occorre spegnere completamente il Mac e riavviarlo tenendo premuto il pulsante di accensione finché non compaiono le icone del disco interno, dell'installer e l'ingranaggio con l'etichetta Opzioni: scegliendo l'installer, parte il processo.

Qui le istruzioni ufficiali si fanno nebulose: compare una finestra che afferma di voler recuperare MacOS (che non è quello che vogliamo noi) ma non facciamoci caso e andiamo avanti, scegliamo un utente e forniamo la sua password (questo passaggio mi è stato richiesto due volte senza spiegazioni: forse una per autorizzare e l'altra per sbloccare il disco interno, normalmente criptato).

Ora finalmente chiede su quale disco installare il nuovo (cioè, ehm, il vecchio) sistema operativo: ovviamente scegliete il nuovo volume creato con Utility Disco (se scegliete l'altro, cancellerete tutto!). Da qui in poi, va in automatico, eventualmente chiedendo nuovamente un amministratore esistente e la password.

Non dobbiamo far altro che attendere, nemmeno poi tanto tempo; ad un certo punto comincerà a chiedere le solite informazioni che servono durante l'installazione di un nuovo sistema, fino ad arrivare al termine,  Da segnalare che durante tutte le operazioni, tastiera e trackpad bluetooth continuano a funzionare anche tra i riavvii, non è necessario collegare questi dispositivi via USB.

E... abbiamo finito! Dobbiamo solo andare nelle Impostazioni di Sistema, scegliere Disco di Avvio e selezionare il disco / sistema operativo che desideriamo in quel momento. Ovvio che per passare da uno all'altro dovremo sempre riavviare: non possiamo far coesistere in RAM due sistemi operativi differenti! Quando vogliamo riavviare con l'altro sistema, basta cambiare il volume di avvio dalle Impostazioni.

Se però per qualche motivo abbiamo spento il Mac (oggi non lo si fa quasi mai!) e vogliamo subito avviare col sistema giusto, basta fare lo stesso procedimento del Safe Mode e scegliere il disco giusto quando ci viene mostrato: saremo costretti a fare due riavvii, ma gli SSD sono talmente veloci, che non avremo tempo di lamentarci!

Nonostante il Dual Boot sia ufficialmente supportato da Apple (per esempio per provare una versione magari non definitiva di un nuovo sistema), non tutto è sempre perfetto. Per esempio, può capitare che rientrando in uno dei due sistemi, venga richiesta nuovamente la password dell'account iCloud e, in seguito, tutti i nostri dispositivi ci avvertano che un nuovo Mac ha accesso alle applicazioni di iCloud. Evidentemente, il caso dello stesso utente sullo stesso computer ma con due sistemi operativi diversi genera qualche grattacapo alle API di Apple; però tutto va a posto inserendo la password.

Inoltre, ci troveremo davanti a cose interessanti: durante l'avvio dal volume 2, se avremo lo stesso utente su entrambi i sistemi, potremo leggere tutti i dati del volume 1 e viceversa! Allo stesso modo, se non ci sono problemi di compatibilità tra versioni diverse, potremo aprire i software installati nell'altro volume. senza dover installare nuovamente tutto.

Con una avvertenza: le app scaricate dallo Store, si autorizzano senza interventi, mentre quelle acquistate dal sito dello sviluppatore dovranno essere nuovamente registrate: conta in effetti come fosse un computer diverso. Per esempio:
  • Logic Pro (versione attuale compatibile sia con Tahoe che con Sequoia, scaricata dallo Store, viene avviata senza problemi (e vuole scaricare nuovamente i contenuti sonori, che possono nuovamente essere spostati su un disco esterno, ma diverso da quello usato prima).
  • Una app come QMidi, acquistata dallo sviluppatore, richiede la licenza, come su un computer separato. Se la licenza è per un solo computer (non è questo il caso), dovremo decidere dove usarla.
  • Una app dallo Store, che però è stata aggiornata senza retro-compatibilità, funzionerà solo sul sistema più nuovo, a meno che lo sviluppatore non abbia lasciato disponibile la versione vecchia: in quel caso dovremo avere due versioni dell'app, una per ogni sistema (il Mac sa quale scaricare).

Ancora una cosa: ad ogni riavvio, gli eventuali alias all'altro disco sembrano rotti, comparendo come un punto interrogativo nel Dock: una volta cliccati, riprendono la loro icona e funzionano. In ogni caso, Spotlight funziona su entrambi i dischi: se trova più occorrenze dello stesso file o applicazione, le mostra entrambe, indicando il disco su cui si trova ciascuna.

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Se sei interessato alla programmazione, potresti provare a vedere il mio blog su argomenti di programmazione. Se invece ti interessa la fisica, potresti provare la fisica di massimo, dove io e il mio gatto discutiamo di argomenti di Fisica.

2024-11-22

"AI" personale

 ...nonostante il titolo, non si tratta di discutere dell'intelligenza di ognuno di noi (altrimenti ne vedremmo delle belle - me compreso, naturalmente). Sempre che ci sia accordi sul significato di intelligenza…

Si tratta, ovviamente, dell'argomento trend di questi periodi: macchine che simulano l'intelligenza (meglio:: fanno finta di essere intelligenti). L'intelligenza artificiale ha sempre avuto un certo fascino: a partire dal famoso Turco che giocava a scacchi, passando per "Guess the animal", portato su Apple II negli anni '80 (e che oggi si trova persino su alcuni siti), fino alle attuali AI, a cui si può dare comandi (non diciamo parlare!) con linguaggio naturale.

Ho già discusso un po' di volte del problema di base, cioè, di come istruire queste macchine: prendere tutto quello che c'è in rete? Anche la relativa montagna di spazzatura? Solo le pubblicazioni di pubblico dominio? Quindi tralasciando probabilmente le voci più autorevoli? Per cui non mi dilungo su questo.

Tra i vari produttori di IA c'è ovviamente anche Google, con il suo modello Gemini AI. Ma sappiamo che Google riesce a lanciare contemporaneamente anche un centinaio di prodotti (salvo poi abbandonarne 90); quindi, una volta avuto in mano motore AI, perché non spanderlo ovunque?

È la strategia seguita anche da altri: da Microsoft con il suo Copilot, inserito anche nel motore di ricerca Bing; oppure da Apple con il recente arrivo sulle proprie piattaforme MacOS/iOS. O persino dal browser Arc nella ricerca (su piattaforme mobile). Quindi anche Google.

Quello di cui voglio parlare oggi è NotebookLM. L'uscita non è recente: presentato nel 2023 (progetto Tailwind) è disponibile negli States dall'estate 2023, ma è arrivata da noi solo a giugno 2024 . Sarà per questo arrivo in sordina in Europa, ma si trova poco in rete di questa piattaforma e, per quanto ne so, non ci sono stati annunci pubblicitari: Google da questo lato è abbastanza avara: preferisce guadagnare sulle pubblicità altrui, piuttosto che farne di proprie :-)

L'idea non è niente male: mettere a disposizione un motore di AI e lasciare che ogni utente lo istruisca per i propri scopi!

Esistono già motori open-source da scaricare e poi far funzionare in locale, ma richiedono GB di spazio, e un computer piuttosto potente sempre in funzione. La proposta di Google è che ogni utente (cioè ogni possessore di un account Gmail) ha uno spazio (di cui per ora non ho trovato la grandezza) in cui caricare propri documenti (soprattutto testi e/o PDF), eventualmente già presenti sul proprio Drive e darli in pasto al motore di analisi. In un tempo abbastanza breve, il risultato non è un riassunto di ogni documento (ormai lo fanno in molti), ma la possibilità di fare domande sull'argomento contenuto.

Il sistema si trova all'indirizzo notebooklm.google.com e per il momento non si trova ancora nel menu generale delle app Google (il quadrato di 9 pallini in alto a destra nei browser): probabilmente perché è in fase di test.

Esempio d'uso: carico il PDF dell'opera di Pirandello "Il Fu Mattia Pascal" (abbastanza noto per poter verificare che le risposte siano corrette). Dopo pochi minuti (nelle mie prove non ho mai superato i due minuti, per un PDF di 450 pagine) vengono proposte alcune domande tipo, ma noi possiamo fare quelle che vogliamo. 

Esempio:

  • qual è la trama del libro
  • qual è l'occasione che permette al protagonista di lasciare la famiglia?
  • che problema si presenta durante questa seconda vita, che lo convince a tornare a casa?
  • quando torna a casa, a fine libro, come è la sua situazione?
  • in che periodo storico si svolge l'azione?
  • ... altre cose che non mi vengono in mente, ma che capitano di solito all'Esame di Stato!
Nelle mie prove ho caricato il manuale della mia auto (un PDF da 450 pagine e 130MB e due più piccoli, attorno ai 90MB):
Ero un po' dubbioso, per cui sono partito con una domanda insidiosa per verificare che l'abbia letto sul serio: dove si trova la batteria di servizio? Insidiosa perché si tratta di una ibrida e la batteria da 12V è sotto il sedile posteriore:
Bene, la risposta è stata corretta, fornita anche con i riferimenti al manuale: cliccando su questi si apre il PDF nel punto giusto.
Ho provato domande più complesse ("come azzerare la storia dei consumi dal quadro di comando?") e le risposte sono state corrette, fornendo anche metodi alternativi. Se per caso avete un manuale dell'auto in cui i riferimenti dell'indice non corrispondono alle paginate PDF, oppure un argomento è trattato in punti diversi del manuale... questa è una gran bella soluzione!
Il sito permette di caricare dal proprio computer fino a 50 documenti, che sono un bel numero! È anche possibile inserire da Drive (solo Documenti e Presentazioni, niente fogli elettronici):
ma anche link a siti web e link a video YouTube. Ogni link conta come un documento, qualunque sia la sua grandezza (un sito web è comunque alla fine un file di testo, leggerissimo rispetto a un PDF).
Una cosa interessante è la possibilità di inserire file di testo o addirittura scrivere una nota, che poi verrà inserita come una sorgente. In questo modo si può modificare, entro certi limiti, le risposte: in questo caso potrei inserire che non mi interessano i comandi che vengono dati solo dall'infotainment (non ha senso, ma solo per dare l'idea): dopo aver scritto la nota, la si seleziona e si clicca su "converti in fonte":

Si possono salvare le risposte: è utile farlo quando la risposta proviene da una serie di domande che si sono affinate fino a quella finale. Invece di doverlo fare un'altra volta, si salva la risposta in Nota e la si trasforma in sorgente. In questo modo, il software sarà indirizzato subito sul percorso giusto. Una nota così salvata non potrà essere modificata.

C'è da notare un baco nell'interfaccia: quando siamo dentro ad un Notebook, possiamo cercare ovunque come chiuderlo e tornare alla schermata principale... ma si trova nulla! Per trovare un link all'indietro (da buon programmatore, il tasto Back del browser si tocca solo quando necessario!) ho girato con il mouse cercando dei link nascosti... Eccolo! Sulla parola in alto a sinistra:
Così possiamo tornare indietro e trovare tutti i nostri notebook!

Infatti, non l'ho detto, ma è possibile creare più Notebook, ciascuno con un massimo di 50 documenti. Ciascun Notebook è un universo a se stante: chiedere nel Notebook1 qualcosa inserito nel Notebook2 non ha senso; al massimo possiamo caricare in uno dei due i documenti dell'altro (non ci sono funzioni di merge tra Notebook).

Studio: deve c'entrare in qualche modo, dato che ricorre spesso l'esempio di domande legate ad un riassunto per un esame. Praticamente, si sta chiedendo all'AI di preparare una lezione (ma a quel punto non sarebbe più semplice ascoltare i prof durante le lezioni?). Ovvio che se si tratta di uno studio auto-didatta, l'utilità c'è; ma bisogna fidarsi: le pagine sono piene di avvertimenti che l'AI potrebbe sbagliare e dimenticare argomenti importanti...

Audio: se forniamo documenti in inglese (e lo comprendiamo bene), si può chiedere di generare un riassunto audio, che consiste in due entità che dialogano (appunto in inglese), parlando degli argomenti contenuti nelle sorgenti! È qualcosa di più divertente e meno noioso che stare a sentire un riassunto vocale. L'accesso alla funzionalità si trova, ben nascosto, sotto il comando Guida di NotebookLM, in basso a destra (da non confondere con la stessa voce nel menu in alto a destra! Google non è mai stato eccezionale con le interfacce grafiche...). Proprio un mese fa, è stata persino introdotta la possibilità di guidare il riassunto, tramite un frase, come per esempio: "considera solo i seguenti argomenti" ed il file audio conterrà solo discussioni sugli argomenti indicati.

Condivisione: ovviamente, in stile Google, qualunque cosa, da interi Notebook alle singole sorgenti, fino alle risposte e ai file audio dei riassunti, può essere condivisa nel solito modo, come fosse un documento di Drive.

Privacy: trattandosi di Google, il re dei dati, c'è sempre qualche dubbio su quale fine fanno i documenti / dati spediti al software di ML. Google scrive esplicitamente che non farà uso di nessun documento o dato fornito come sorgente, queste non saranno usate per istruire altri algoritmi di AI. Anche se in fondo è anche scritto "se non ve la sentite di spedire documenti confidenziali... allora non fatelo". Un controsenso con l'affermazione precedente... Io al momento ho solamente usato materiale già presente in rete, per cui me la sono sentita di spedirli :-)

Costi: come scritto da Google stesso nel manuale, si tratta di un prodotto in fase di test, per cui attualmente è completamente gratis. Se uscirà da questa fase, è probabile che in futuro la parte gratis sia limitata, per esempio nel numero di notebook, oppure nel tipo di fonti utilizzabili (per ora non sono previste immagini, fogli elettronici o documenti più complessi). Per il momento sfruttiamolo!

[EDIT]: Google alla fine ha inserito un piano a pagamento (visto il costo di manutenzione di una IA, era ovvio che succedesse), che prevede un numero più alto di documenti, domande, ecc… Difficile fare confronti con altri modelli, primo perché questo a quanto ne so è l’unico caso in cui siamo noi ad addestrare l’IA con i nostri documenti; secondo, perché l’upgrade avviene aggiornando Google One, quindi ottenendo tra le altre cose, 2 TB di spazio disco, la versione Pro di Gemini (l’IA di Google) e altre cosette. Per chi usa queste cose, il prezzo è competitivo.

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Se sei interessato alla programmazione, potresti provare a vedere il mio blog su argomenti di programmazione. Se invece ti interessa la fisica, potresti provare la fisica di massimo, dove io e il mio gatto discutiamo di argomenti di Fisica.

2024-11-18

AI, persone intelligenti e meno, Wikipedia.

 Beh, direi che ormai tutti sappiamo cosa significa questa sigla, sia nella versione italiana (IA) che in quella inglese (AI): intelligenza artificiale.

Non ricordo se ho già detto qualcosa sulla AI: viene chiamata Intelligenza Artificiale, ma al momento è tutto meno che intelligente. O meglio: riesce a capire quello che le stiamo chiedendo (in qualunque lingua), usa il risultato per una ricerca nel suo database, per poi rispondere con brani più o meno lunghi presi dal database, che (sulla base delle sue conoscenze) possono essere collegati tra loro. E fa tutto questo molto bene, tanto che si ha spesso la sensazione di parlare con una persona e da qui l’appellativo di intelligenza. Però… siamo pronti a dire che il secchione compagno di scuola, che imparava tutto a memoria e ripeteva a pappagallo… bene, lo consideravamo intelligente? Risposta: sì, ma non perché si ricordava tutto, ma per altre cose: magari perché riusciva a risolvere un problema di matematica senza averlo mai visto prima; oppure perché riusciva a passare la soluzione ai compagni senza farsi beccare…

Avete provato a dare all’AI un problema di fisica che non sia il solito problemino da una formuletta e via, ma dove sia necessario un ragionamento e un po’ di inventiva? Io sì e alla fine avrei dovuto dare un’insufficienza anche piuttosto grave: l’AI si limita a considerare le formule che conosce e a cercare di metterle assieme, magari anche furbescamente, ma spesso il passaggio ci sta come i cavoli a merenda (suppongo che nessuno li abbia mai mangiati a merenda…).

In qualche caso gli ho dovuto fornire la soluzione corretta: risposta tipica (“hai ragione”), seguita da una soluzione identica a quella errata. Direi che non possiamo definirla proprio intelligenza…

Funziona bene al posto di varie ricerche, man mano raffinate: lì sì! Ha dalla sua la velocità: prima che noi leggiamo una decina di articoli trovati, capiamo che dobbiamo fare una ricerca più ristretta e poi leggere nuovamente i risultati, l’AI ci fornisce già la scrematura finale, magari persino riassunta (provate ad usare Arc Search). Ovviamente, attenzione alle allucinazioni: magari parole identiche hanno significati diversi in contesti diversi ma simili: alla fine dobbiamo sempre controllare che il risultato abbia senso.

Ora, da dove prende i dati per costruire il proprio database? Ma ovvio: dalla rete! Non proprio tutto, ma buona parte: da tutte le cose che vengono pubblicate, anche quello che sto scrivendo proprio ora! In generale, tutto quello che viene considerato nel pubblico dominio.

Pubblico dominio: ci sarebbe un po’ da ridire: in teoria gli unici materiali di pubblico dominio sono quelli contrassegnati da certe sigle o denominazioni: MIT, Creative Commons, spesso nate per le righe di codice dei software e poi estese ad altri casi. Ma quello che sto scrivendo, per esempio, non è contrassegnato da alcuna di queste definizioni. Anzi, per il diritto internazionale (disclaimer: ne so poco, non sono un avvocato o simile), nel momento in cui pubblico un mio pensiero, una mia elaborazione di dati conosciuti o provenienti da miei studi, sto dichiarando al mondo che ciò che ho scritto è mio, non di altri e solo io posso farne qualsiasi uso: in particolare, guadagnarci soldi, sempre che ci sia qualcuno che ne voglia acquisire i diritti (in questo caso, nell’aprire il blog su piattaforma Google, suppongo di aver dato il permesso a Google l’utilizzo di quanto scrivo, ma non ad altri). Se pubblicassi su un dominio mio, su server da me pagato, i diritti sarebbero tutti miei. Spesso infatti le persone di cui è riconosciuta l’autorevolezza su certi argomenti, non pubblica su piattaforme “libere”. Allo stesso modo, in coda ad ogni articolo di giornale online compare “DIRITTI RISERVATI”: quei dati non possono essere usati senza averne legalmente l’accesso tramite accordi. 

A cosa porta questo? Se l’AI può usare solo contenuti free e le informazioni più corrette non sono pubbliche, come faremo a istruire l’AI ad essere intelligente? Il fatto che al momento in certi campi funzioni abbastanza bene vuol dire una delle due cose:

  • le informazioni di pubblico dominio sono molte e corrette
  • — oppure —
  • l’istruzione è avvenuta anche su informazioni non pubbliche

Qualche società editrice sta anche pensando di aggiungere su ogni libro pubblicato la dicitura “non utilizzabile per l’istruzione di Large Language Models”: il risultato sarà che si ridurranno le possibilità di far crescere l’intelligenza delle AI…

Allora arriviamo ad un controsenso (ed è qui il centro del post): esempio, io sono un fisico, non so nulla di come si replica un virus, se non per sentito dire. Per una mia convinzione, scrivo su un po’ di piattaforme che il virus XYZ23H53! assale soprattutto gli uomini nati in inverno ed il cui peso supera i 70 kg; per le donne invece, sono più colpite quelle nate di lunedì o giovedì nel periodo di luna piena. I bot di ricerca dell’AI trovano i miei 10 interventi su altrettanti forum e almeno due post su piattaforme gratis; ma trovano anche almeno un centinaio di forward, post facebook/instagram/tiktok con link di gente convinta che sia vero (state sicuri che un centinaio di persone le troveremmo di sicuro…). Trovano anche due post in pubblico dominio di due scienziati che affermano il contrario, dicendo che non ho prove… ma sono solo due, per di più con pochi riferimenti di poche persone. Che fa l’AI? Darà più ragione alle mie cretinate e magari comincerà a proporle come risposte, a meno che non ci sia un controllo esterno. Quindi, il fatto che le cretinate siano in pubblico dominio e le cose vere no, verrebbe a creare un’intelligenza artificiale stupida!

Tra le possibili fonti, c’è Wikipedia, nei vari sapori wiki e nelle varie lingue. Nonostante ciò che si dice, sono pochi i casi in cui Wikipedia è stata colta in fallo (spesso poco prima che i suoi amministratori correggessero il problema), anzi, il suo coefficiente di affidabilità è al livello delle migliori enciclopedie online (a parte considerazioni legate alla politica…). Tutti i suoi contenuti sono nel libero dominio, per cui vengono usati.

Ora, per chi crea le AI, non è difficile, esaminando un testo, capire se questo è stato creato da un essere carbonio in carne ed ossa o da una AI. Bene, da poco è venuto fuori che almeno circa il 5% dei nuovi contenuti di Wikipedia inglese è stato creato usando ChatGPT!!! Sembra che anche nelle altre lingue il fenomeno esista.

Ci siamo capiti? L’AI usa i contenuti di Wikipedia per istruirsi, ma una parte di tali contenuti viene creata dalla AI! In elettronica o nei problemi di audio si chiamerebbe feedback! Scrivo la cretinata di prima, qualcuno usa l’AI per riempire un vuoto su Wikipedia, l’AI legge quell’articolo e l’affidabilità di quanto scritto cresce e così via.

Wikipedia sta correndo ai ripari, cercando di individuare i contributi falsi; se però il solito pirla cambia un po’ le parole, lasciando il senso, sarà difficile trovarli.

La domanda è: che senso ha una wiki fatta dalla AI?

Il problema torna ad essere: ci fidiamo di qualcosa di cui non conosciamo l’origine? Trasportato nel quotidiano: a chi affidiamo la riparazione della nostra auto super-tecnologica: a un meccanico preparato dalle case automobilistiche o al vicino di casa, di professione impiegato, che è solito guardare i video su YouTube? Quando siamo malati andiamo dal medico o dall’idraulico?

Il discorso si farebbe ancora più profondo: perché qualcuno dovrebbe scrivere su Wikipedia pescando dall’AI invece che dalle proprie conoscenze? Per poter dire che collabora all’enciclopedia libera? Io sono un fisico: posso scrivere (e qualche volta l’ho fatto) su argomenti di Fisica e correlati, ma non di medicina o di letteratura, anche se sono nei miei interessi. Perché dovrei millantare una conoscenza che non ho?

E su questa one-million-dollar-question, mi fermo, perché servirebbero conoscenze approfondite di psicologia e sociologia, che conosco solo superficialmente. Potrei solo dare opinioni, ma non lo faccio: non voglio che una AI le possa prendere per oro colato…

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Se sei interessato alla programmazione, potresti provare a vedere il mio blog su argomenti di programmazione. Se invece ti interessa la fisica, potresti provare la fisica di massimo, dove io e il mio gatto discutiamo di argomenti di Fisica.

2024-09-07

Prova su strada del browser Arc

Il browser Arc sta uscendo da prodotto di nicchia e se ne sente parlare un po' di più. Circa 8 o 9 mesi fa, lo avevo scaricato, per vedere se poteva essere un sostituto per Edge (Chrome di Google non esiste più sul mio Mac); l'avevo disinstallato il giorno dopo: troppo diverso, poche spiegazioni, per poi ottenere la stessa cosa: navigare. Ma ora l'idea è di provarlo un po' più a fondo (sto scrivendo da Arc) ed il processo è tutto in diretta 😀

Il confronto sarà ovviamente rispetto a Safari (default su MacOS) e Microsoft Edge (basato sul motore di Chrome, ma un po' meno pesante dell'elefante di Google). Anticipo anche che sono molto pignolo sull'interfaccia grafica dei software e qui non faccio eccezione.

Inizio e avvio

L'app non è presente sullo Store, come per altri browser (ma è stata notarized da Apple, per cui è sicura), per cui occorre andare sul sito per scaricarla; l'installazione è al solito un drag&drop.

La partenza (fatta con Mac appena svegliato dallo sleep) è piuttosto lunghetta (i nuovi processori ARM ci hanno abituati male): 7-9 secondi, un'eternità, ma anche gli altri due non fanno tanto meglio: per Edge è la stessa cosa, Safari un paio di secondi in meno. Poco importante: con la gestione della memoria di MacOS, possiamo lasciare aperti i software usati spesso.

Non si presenta bene: il colore scelto di default è una sorta di verde/giallo che ricorda l'acqua di una palude... per fortuna si può cambiare (right-click sulla barra a sinistra, Edit Theme Color).

Noto che una parte dell'interfaccia compare in italiano, mentre tutti i menu sono in inglese: non è un problema, ma per coerenza preferirei una sola lingua, fosse anche solo l'inglese.

La primissima cosa da fare, per me obbligatoria (perché non è di default?): dal menu View far comparire la Toolbar  e poi dalle preferenze far comparire la barra degli indirizzi: odio non avere un feedback di dove mi trovo! Poi, andare nelle preferenze Advanced e attivare Show full URL. Gli sviluppatori non devono considerare gran che questa opzione, avendola messa nelle Advanced...

Supporta le gesture standard di Safari, cosa che purtroppo Edge non fa: swipe a destra si torna indietro, a sinistra si va avanti. Per chi come me usa la trackpad sono utilissime. Anche il comando di ricarica pagina è standard (cmd-R, ma non lo trovate in nessun menu).

Gestione preferiti: ...non ci sono

La differenza enorme, che potrebbe fermare visitatori non motivati (come è successo a me mesi fa) è che i preferiti/bookmarks/segnalibri, comunque li si chiami, non esistono: qui ci sono i pinned tabs (in italiano: schede appuntate). Ma gli sviluppatori sono convinti che non si debbano proprio usare o comunque averne pochini: per me che ne ho circa 250... suona l'allarme! Comunque è possibile importarli da un altro browser; l'ho fatto, per scoprire che vengono inesorabilmente piazzati in uno spazio sulla sinistra del browser, non è possibile spostarli, in particolare in alto, dove sono abituato a trovarli.

Qualcosa di simile hanno fatto Safari e Edge, ma su entrambi si possono riportare in alto: qui no. Ho visto qualche discussione sui forum: gli sviluppatori non sono interessati a fornire questa opzione. Andando avanti, si può capire la scelta, ma l'idea di non dare nemmeno la possibilità mi lascia perplesso. Se i preferiti hanno nomi lunghi, si è costretti ad allargare la sezione, con uno spreco di spazio notevole, mentre se fossero in alto si perderebbe non più di una riga. Per risolvere il problema, è possibile nascondere questa colonna di preferiti (icona in alto a sinistra), che può essere richiamata portando il mouse contro il bordo di sinistra (come fa Safari per preferiti, history e pagine di lettura). Ok, buona soluzione, ma chi come me aveva un bel clipboard manager (PastePal) che presenta la stessa funzionalità, ha dovuto spostarlo da un'altra parta: i tab devono restare a sinistra!

L'importazione dei preferiti (ops! Dei pinned tabs) procede normalmente, ma mi ha fatto scoprire una cosa orrenda: qui i radio button funzionano al contrario! O comunque, la grafica non è corretta. Nel mio mondo, l'opzione si considera selezionata quando il pallino è pieno. Infatti all'inizio davanti a questa interfaccia


mi sono detto "Mi fanno importare da due browser contemporaneamente?" Clicco su Edge per disabilitarlo:

Il sospetto viene, perché invece che nero il pallino è blu e l'icona di Safari sembra leggermente trasparente, ma andando avanti (scelta del profilo) scopro che in realtà ho selezionato Edge! Capisco che il pallino blu sia elegante... ma per favore, non usate un pallino pieno per indicare quello non selezionato! E poi: perché non usare i radio button standard del sistema operativo? magari non sono belli, ma li capiscono tutti! Però... nelle preferenze la grafica è quella standard (di Chrome: non bella ma logica), per cui attenzione... Devo dire per contro che dopo l'importazione dei preferiti non l'ho più visti.

Il processo fornisce la possibilità di importare anche i cookie: questo proprio no! Immagino l'utente medio ("click avanti-click avanti-click avanti" durante il processo) che si porta dentro al nuovo browser tutti i cookie del vecchio, compresi i tracciamenti, le pubblicità visitate... Utile poterlo fare, ma non di default! Per contro (positivo) mi fa scegliere quali cartelle di preferiti importare (ma solo sul primo livello): non so se sia utile, ma meglio avere la scelta.

I miei preferiti sono diventati pinned tab e me li trovo tutti a sinistra. Facciamo un po' di spazio, eliminando i tab di default (più che altro roba di Arc): seleziono la cartella, tasto destro, remove. Giustamente mi chiede se sono sicuro, ma lo fa con questo dialogo:


Mi pare di essere su una piattaforma di giochi, con bei colori e persino lo shortcut da tastiera (è dal 1984 che Esc serve per uscire dal dialogo e Invio per accettare); deve essere lo stesso designer dei radio button di prima. Questione di abitudine, ma questa grafica mi sembra troppo invasiva. Il successivo software userà uno sfondo giallo con scritte blu? Le Human interface guidelines dove sono finite?

Ma torniamo ai pinned tabs: dopo l'importazione e dopo aver aperto qualche cartella per trovare i miei preferiti, non trovo più i tab che avevo aperti in precedenza: dato che sono messi sotto a quelli pinned, bisogna sempre fare uno scroll più o meno lungo per arrivarci. Comunque, ora clicco su un preferito: questo si illumina (notiamo il bellissimo sfondo color palude...) mostrando un segno meno: se lo clicco, il tab si chiude, cioè non vedo più la pagina, ma il preferito (per fortuna) resta. La chiusura però avviene anche se clicco su un altro preferito: ecco perché l'hanno chiamati tab: è come se fossero sempre aperti.
Facciamo invece attenzione al fatto che, se passo col mouse su un pinned, (in figura ho cambiato lo sfondo 😄) anche non aperto, compare una X che, se cliccata archivia il tab, in parole povere lo cancella, lasciandolo solo nella history: questa non viene mai chiamata così nell'interfaccia, ma nelle preferenze sì! Se invece vogliamo cancellarlo del tutto (non ho capito se resta nella history anche in questo caso) allora right-click e remove pin. In cima alla lista dei pinned ci sono quelli chiamati preferiti (ma dai, allora ci sono...): sono in pratica la stessa cosa dei pinned, con l'unica differenza che sono disponibili in tutti gli spaces di un profilo. Come default vengono forniti YouTube ed il calendario di Google... per me abbastanza inutili, per cui l'ho sostituiti con l'indirizzo di una delle caselle di posta. C'è un numero massimo di preferiti, due per riga.

Tab, Spaces e Finestre

Abbiamo parlato di Spaces: sono liste che suddividono aree di lavoro: p.es. i link usati per lavoro da quelli di un hobby o ancora da quelli di informazione. Ogni space può avere un colore di sfondo diverso (ecco dove possiamo cambiarlo!). Anche chiamati in modo diverso, li ha introdotti anche Edge.Per me sono inutili: il confine tra lavoro ed altro è sempre molto sottile; tuttavia, se qualcuno è abituato ad aprire quantità infinite di tab, potrebbero essere utili. Al solito, meglio averli e non usarli che non averli del tutto.

Ma perché gli sviluppatori di Arc ce l'hanno a morte con i veri preferiti? Per evitarli, hanno introdotto una ricerca che fornisce come risultati sia quelli dalla rete che dai pinned: (lo fanno anche Safari e Edge, ma qui diventa importante) questi ultimi sono distinguibili solo dalla scritta Switch to Tab: se si clicca proprio lì, si apre il pinned scelto, ma nel tab originale. 
Perché dico questo? Supponete di voler aprire due preferiti e passare da uno all'altro per confrontare: posso da un lato dividere lo schermo in due (fino a 4, a quanto ho capito: ottima funzione, implementata anche da altri), ma se nel confronto ho bisogno di essere a tutta pagina, devo avere la possibilità di passare da uno all'altro con un click. Ma se i due pinned sono distanti come posizione, diventa una corsa ad ostacoli (ed ogni volta il precedente tab viene chiuso!). Se invece si fa due volte (o più) la procedura di nuovo tab tramite ricerca, quelli a cui ho switchato restano, per così dire, accesi e posso passare da uno all'altro: tutti quelli scelti sono vicini tra loro. Ma attenzione a non sbagliare: se per caso avete bisogno di aprire una cartella dei pinned, resta aperto solo l’ultimo, l’altro è andato e bisogna riaprirlo. Suppongo che gli sviluppatori non abbiano mai avuto una simile necessità; a me capita spesso e l'unico modo è di aprire un'altra finestra e passare da una all'altra con il solito swipe di MacOS.

Configurazioni

Dopo un periodo minimo di 12 ore (configurabile fino a 30 giorni) i tab aperti (ma non i pinned) sono archiviati: scompaiono dalla lista e finiscono nella history.
Ancora una cosa sulla navigazione: come detto, ho inserito come preferito (= disponibile in tutti gli spaces) la mia Gmail a cui è collegato questo blog. Usando la navigazione di Google (i 9 pallini in alto a destra) ho cliccato sull'icona del blog: questa è comparsa aprendo una Little Arc Window, una sorta di popup, che non compare tra i tab. Possiamo aprire una simile finestra tramite il comando da menu e passando dalla solita ricerca: per me l'unica differenza è che si tratta di una finestra pulita, senza tutti i tab e compagnia. Dovrebbe essere un modo veloce per consultare un sito, ma non capisco il motivo della sua esistenza. Forse un tentativo di semplificare l'accesso veloce, ma per me aumenta la confusione.

Per chi usa gli spaces, c'è la possibilità di aprire determinati link (da app o da domini definiti) in uno space apposta, definendo il percorso (route) nelle preferenze con l'Air Traffic Control (!). Esempio: tutti i link provenienti da gmail.com. Non male, se appunto si usano gli spaces.

L’app è fatta per funzionare a tutto schermo (nel senso MacOS): quando la si riduce a finestra si trova che lo spazio è un po' ristretto. C’è comunque la possibilità di aprire finestre aggiuntive, ciascuna con tutto al suo interno per una navigazione completa. La nuova finestra si apre con il profilo e lo spazio attuale, mentre si può anche aprire una Blank Window, completamente vuota. Non manca l’incognito window, dove non si dovrebbe tener traccia dei cookie. Poi c'è la Little Arc Window, di cui abbiamo già parlato (a fianco la ricerca che permette di aprirla).

Un capitolo a parte sono le preferenze: esempio di come non bisogna fare l'interfaccia.
Il problema è che ci sono le preferenze dell'app (che si aprono come al solito con Cmd-, o tramite il menu), in una finestra apposita, ma anche le preferenze di Chromium, alle quali si arriva dopo qualche click. Queste si aprono a tutto schermo nel browser, ma restano in secondo piano: per leggerle bisogna chiudere la finestra delle preferenze dell'app! Così facendo non si riesce più a tornare indietro per aprire un'altra scheda delle preferenze, se non riaprendole!

Nello screenshot qui sopra vediamo la finestra delle preferenze dove ho appena cliccato una "i", che ha aperto una pagina sotto la finestra! Per leggerla, l'unico modo è chiudere le preferenze. L'app è in inglese, quindi anche la finestra preferenze; ma quando si va sulla parte gestita da Chromium, le scritte sono in italiano.

Qui sopra vediamo una pagina tipica di Chrome, che si raggiunge solo cliccando in alcuni punti della finestra delle preferenze.
Una nota sulle definizioni: c’è la possibilità di bloccare i cookie di terze parti, cosa che faccio sempre. Qui nelle preferenze c’è scritto che i cookie terzi sono usati per mantenere l’accesso, gli articoli nel carrello, ecc… Ma allora sto bloccando i cookie di proprietà del sito? Se questo è vero, non è possibile bloccare i cookie veramente terzi? Da approfondire: forse la traduzione non è fatta bene, perché sia Chrome che Edge hanno una suddivisione più corretta.
Nota: non è possibile non pre-caricare alcunché: le sue scelte sono “precaricamento esteso” e “standard” (“alcune delle pagine sono prevaricate”). Non mi piace, ho sempre disabilitato il pre-caricamento (nessuno può sapere dove farò il prossimo click!).

Funzioni e considerazioni aggiuntive


Quelle nuove sono due, interessanti per l'idea: la prima è chiamata Boost: permette di modificare una pagina nei suoi colori, intonazione, luminosità e caratteri, in modo definitivo, nel senso che le modifiche, fatte tramite un piccolo popup, vengono registrate ed applicate ogni volta che si accede al sito. C'è anche la possibilità di inserire codice CSS e Javascript. Inoltre si possono anche far sparire (zap) elementi della pagina, per esempio pubblicità (basta che non cambino URL). Interessante, appunto; non so quanto utile ma certamente una fonte di grande perdita di tempo!

L'altra funzione è la possibilità di usare una lavagna digitale (qui chiamata Easel), su cui si possono incollare link, pagine, figure geometriche e tratti a mano libera (col solo mouse è difficile). Si possono condividere tramite link: gli utenti che hanno il link (ovviamente che usano Arc) possono editare a loro volta:

In pratica è una sostituzione dei documenti Jam di Google, ora dismessi.

Come ormai tutti i browser, ci sono gli strumenti per sviluppatori; si possono aprire come al solito (Cmd-I) oppure con una versione arricchita: ctrl-D, da dove è possibile copiare link, fare screenshot della pagina, aprire la console, esaminare il codice (le solite cose da sviluppatori)

È stato fatto un buon lavoro sull'occupazione RAM: pur essendo un browser e quindi un divoratore di memoria, al momento, dopo tre giorni di uso, l'occupazione totale è di 1,6 GB. Cifre grosse, ma Edge non è da meno. Solo Safari, con gli stessi tab, sta poco al di sotto, ma potrebbe essere un caso. E qui ci sono funzionalità aggiuntive.

C'è poi una parte di intelligenza artificiale (ovvio, oggi non se ne può fare a meno...) qui chiamata Max: non ho trovato che fornisca qualcosa da avere assolutamente: organizzazione dei tab aperti (così poi non li ritrovo...), nomi "parlanti" di tab e download per poterli individuare (decido io come chiamarli), uso del proprio account di ChatGPT dalla ricerca, apertura automatica del primo risultato di ricerca (che fatica fare un click sulla prima posizione...), preview di un link... Alcune cose sono già disponibili in altri browser, alcune non sono da AI. Inoltre nell'help è scritto che "al momento non ci sono piani di pagamento per l'uso di Max", ma in seguito chissà...

Sicurezza e privacy


Non posso dire molto: si tratta del motore di Chrome e di Edge e la loro sicurezza si basa più che altro su chi ci costruisce attorno (oltre ovviamente all'utente!): da poco Google ha fatto sapere che bloccherà i cookie di terze parti come configurazione di default. Però non bisogna dimenticare che il modello di business di Google è soprattutto la gestione dei dati, per cui non mi viene istintivo fidarmi ciecamente di Google.
Mi fido di più di Edge (Microsoft ha lo scopo di vendere il suo sistema operativo Windows, quindi in teoria dovrebbe renderlo più sicuro possibile - i risultati con il suo Defender si cominciano a vedere) o di Safari (stesso motivo per Apple, che oltre tutto sta facendo della sicurezza il suo cavallo di battaglia).
Non conosco invece il business model di questa Browser Company: nella sua safety policy afferma di non tenere dati, di non spiarci e di non vendere i nostri comportamenti; bisognerebbe sapere chi la sta finanziando (il browser è gratis). Il fatto di aver letto tra le righe che in futuro l'uso dell'AI potrebbe essere monetizzato, per me è positivo: quando una cosa è gratis, il prodotto da vendere siamo noi (naturalmente Open Source esclusi). Per ora sono propenso ad essere ottimista: vedremo.

Riassunto finale


La necessità di avere un browser basato su Chromium ma meno elefentiaco di Chrome si sente: tanto che se devo usare quel motore ho installato Edge (orrore! Un software MS su Mac! 😀 Le guerre di religione sono finite!).
Indubbiamente si tratta di un browser che si differenzia dagli altri, soprattutto nel modo in cui richiede di essere usato. Ho usato questa espressione (richiede) perché l'utente deve abituarsi al modo di pensare dello sviluppatore. Di solito questo è negativo: è il software che deve adattarsi; qui l'idea dello sviluppatore è "impara questo metodo nuovo e ti troverai bene". Ricorda l'accusa che spesso viene fatta ad Apple: non dare la possibilità all'utente di scegliere certe cose, Apple sa cosa fa! Qui è lo stesso: viene detto di abbandonare l'idea dei bookmark/preferiti, lo sviluppatore ti insegna come devi lavorare.
La cosa mi pare un po' troppo spinta rispetto a quello che ha fatto Apple (o meglio, Xerox): quella prendeva la metafora di scrivania, documenti, cestino. Qui invece si va sul concetto che tramite una ricerca online si trova tutto e se proprio si pensa che sarà difficile ritrovare quel particolare sito, allora lo salviamo come pinned, ma deve succedere poche volte.
L'idea di provare meglio qualcosa di nuovo è come al solito entusiasmante: proverò ad usarlo un po' più intensamente e vedremo cosa ne penserò in seguito. Le funzionalità aggiuntive (Easel, Boost) anche se interessanti, non mi sembrano da sole motivo per cambiare direzione. Vediamo come si trasforma il mio flusso di lavoro (un browser Chromium mi serve comunque).

Dopo l'uscita sul Mac, è disponibile anche la versione Windows: potrebbe essere che in quel mondo, dove le finestre hanno ciascuna il proprio menu, questa filosofia venga meglio accettata. Ma c'è la grossa concorrenza di Edge, con lo stesso motore e ben integrato con l'AI di Bing, fatto tutto in casa propria. Senza dimenticare che anche Firefox sta ammodernandosi, ma restando abbastanza leggero.

Esiste anche la controparte iOS, che non si definisce browser, ma solo motore di ricerca. Ma di questa parleremo in seguito...

[EDIT]: all’inizio del 2025, the Browser Company ha annunciato l’apertura di un nuovo progetto di browser (chiamato DIA), centrato sull’intelligenza artificiale, puntando quindi su un browser con meno potenzialità, ma molto più semplice nell’uso. Nello stesso comunicato, ha fatto sapere che il browser Arc riceverà solo aggiornamenti di sicurezza e del motore chromium, di fatto decretandone la fine (anche se molti continuano ad usarlo per le sue potenti caratteristiche. A metà 2025, Atlassian ha acquistato The Browser Company: viene detto che questa continuerà ad operare normalmente, con il supporto dietro le quinte di Atlassian (quelli di Jira, per capirsi). Nessuna informazione aggiuntiva su Arc, che al momento continua ad essere aggiornato solo nel motore. Cosa succederà in seguito… non è dato di sapere.

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2024-08-27

Della privacy, della libertà e della censura

Anticipo la domanda finale del post: "chi controlla i controllori?"

Attualmente vedo un problema in due casi importanti.

Il primo è l'istruzione dei sistemi di intelligenza artificiale: è stato posto da un po' di tempo e le discussioni si ampliano, tanto che in qualunque congresso su qualunque argomento oggi si può trovare una sezione sulla AI (o IA, a seconda della lingua usata).

Ormai sappiamo che di vera intelligenza ce n'è poca: il software viene istruito tramite la lettura di giga e giga di roba a disposizione nel web. Il software esamina la sequenza di parole e si costruisce un database di sequenze, ciascuna con la sua probabilità, che andrà ad usare nelle risposte. Velocità, memoria smisurate, ma non intelligenza.

I risultati sono miracolosi: le risposte, velocissime, hanno senso compiuto, tali da dare l'idea di un qualcosa di senziente. Più si definisce un contesto di lavoro (p.es. linguaggi di programmazione), migliore sarà la risposta, ma si tratta sempre di infilare una parola dietro l'altra. Provate a chiedere la soluzione ad un problema di Fisica appena più complesso e vedrete che di intelligente c'è poco.

Si è sempre detto che se si inserisce una sciocchezza in un computer, il risultato sarà una sciocchezza ancora più grande: siamo allora sicuri che non stiamo istruendo una AI con delle cretinate?

Esempio: se aumentasse la frequenza di post che affermano la Terra essere piatta, diventerebbe probabile che l'AI, alla domanda "qual è la forma della Terra?", invece di "geoide" risponda "un disco piatto": gli è stato insegnato così. Supponiamo che ad un giovane di una tribù con pochi contatti con la nostra civiltà, venga dato un dispositivo che parla e ascolta (ChatGPT è in grado di farlo senza problemi); il ragazzo è curioso e chiede "ma la Terra che forma ha?"; il dispositivo gli risponde "è un disco piatto" ed ecco generato un bel fake nella giungla.

Una cosa del genere è più probabile nei casi di attualità ("spiegami l'importanza di quel politico") e ne sanno qualcosa i volontari moderatori di Wikipedia, ma non solo. Esempio: ci sono aziende che usano l'AI per selezionare i CV degli aspiranti, basandosi su schemi comuni, per cui se si sgarra dalla normalità, si viene scartati (notare che questo è l'esatto contrario di quanto si diceva tempo fa: scrivete un curriculum un po' diverso, per potervi distinguere dalla massa: oggi un genio verrebbe scartato dall'AI...).

Quindi il problema è: chi deve decidere che materiale fornire ad una AI? Aggiungiamo che la società dietro ad una AI tende a non fornire il meccanismo di digestione dei dati, per cui è anche difficile prevedere il risultato di una scelta.

Quello a cui probabilmente si arriverà sarà che ogni azienda AI dovrà comporre un "comitato di saggi", che deciderà cosa andrà a finire nel database dell'AI (che dovrà anche essere aggiornato, quindi lavoro assicurato per anni a venire). La scelta delle persone rifletterà il pensiero dell'azienda e quindi i risultati forniti dall'AI. Possiamo sperare che le varie aziende di AI (comprese le open source) appartengano un po' a tutte le correnti in ogni campo, in modo da avere punti di vista diversi; quindi prima di avere una risposta dovremo consultarne molte? Uhm, costoso... Allora prevediamo una super-AI che faccia la domanda a tutte le AI in circolazione e poi ne faccia il riassunto? Ma chi decide come farlo? 


Cambiamo campo: problema simile ma meno noto, perché coinvolge una parola tabù: la censura, anche se sotto forma di privacy o simili.

In questi giorni è stato arrestato in Francia Pavel Durov, il fondatore del sistema di messaggistica Telegram (sito ufficiale). Le notizie sono poche, ma si pensa che il problema sia il rifiuto di eliminare alcuni contenuti relativi a droga, pedofilia, terrorismo e compagnia bella. Ma soprattutto il negare l'accesso al sistema per le indagini relative agli stessi reati. Lasciamo perdere la figura di Durov, piuttosto discussa, ma tanto quanto quella di Musk, sull'altro lato dell'oceano.

Certo, se parliamo di terrorismo, pedofilia e simili, saremo tutti d'accordo nel pretendere da Telegram l'eliminazione del materiale ed i dettagli degli account. Ma quando la stessa piattaforma viene usata in regimi totalitari? Il regime di un paese vorrà sapere chi sta complottando per far uscire un perseguitato politico. Allora per un regime vogliamo usare regole differenti? Ma chi decide che un paese è una dittatura?

Andiamo oltre: viene creata una legge che costringe le piattaforme come Telegram a rivelare le identità degli account su richiesta della magistratura di un qualunque paese. Ciascuno di noi dirà: "bene, chisseneimporta se si sa che tifo Inter? Non ho nulla da nascondere".

Ok, ora spostiamoci in un futuro dispotico, tipo "1984" (dovremo trasporre l'anno, però) e in Europa vige l'Impero del Lupo Marrone, un tiranno che mantiene il potere con elezioni truccate. Il signor Ollig sta costruendo una rete segreta: questa però viene scoperta dalla Polizia Marrone con mezzi perfettamente legali, perché Ollig usa Telegram per comunicare. In quel caso saremmo tutti d'accordo?

Chiarisco: non sto dalla parte di Telegram, che attualmente copre reati anche ributtanti; mi sto solo chiedendo chi potrà essere in futuro a decidere cosa sia un reato.

Come era chiaro già all'inizio, non ho la soluzione in tasca e purtroppo penso non ce l'abbia nessuno. Ma credo sia utile discuterne, soprattutto quando se ne parla poco. E ripropongo la domanda: chi controlla i controllori?

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