1) Definizioni: errate. L'attuale metodo del semestre filtro, è stato presentato come un superamento del numero chiuso; due errori: primo, non si tratta di un semestre. All'università, un corso annuale si compone di circa 9 mesi di lezioni, mentre un corso semestrale è attorno ai 4 mesi; qui si è trattato di 2 mesi e mezzo nel caso migliore. Se fossimo ottimisti, potremmo chiamarlo trimestrale. Per la precisione, dovrei sapere quante ore settimanali erano dedicate ad ogni corso; in ogni caso, anche condensare troppo le lezioni è dannoso: c'è bisogno di tempo a lezione finita per ricapitolare quanto visto. Secondo: non si tratta di un filtro vero e proprio: infatti, se superato, porta allo studente anche i tre esami di Biologia, Chimica e Fisica; di solito il filtro è qualcosa che taglia senza lasciare tracce. I risultati concorrono al punteggio finale di laurea.
2) Numero chiuso: sempre presente. Il numero chiuso a Medicina è sempre attivo e per un'ottima ragione: i laboratori dei vari atenei hanno un numero massimo di posti disponibili e le lezioni di laboratorio non possono essere seguite da remoto. L'unica soluzione è investire soldi in nuovi laboratori (e corrispondenti docenti); fino a quando non succederà, il numero chiuso dovrà restare. Niente complotti tesi a creare pochi medici. Non ci sono questi problemi con altre facoltà come Fisica, Informatica, Chimica... dove le iscrizioni sono basse già in partenza (spesso ci sono prove di ingresso non selettive, con lo scopo di indicare agli studenti il loro livello). Situazione mista per i Politecnici (ma non è mai stata creata questa eco per mancati ingressi ad un Politecnico).
4) Argomenti: adeguati. Il syllabus di Fisica (l'ex programma di esame) è molto simile alle indicazioni nazionali per un liceo scientifico, ma adattato alle necessità di un medico (no gravitazione o modelli atomici). Niente Fisica Nucleare, come ho persino letto da qualche parte. Alcune parti spesso non vengono svolte neanche in uno scientifico (alla fin fine, sono indicazioni), privilegiando lo scritto dell'esame di stato per ogni indirizzo: i decadimenti radioattivi, le radiazioni ionizzanti e non, dovevano quindi essere studiati dalla maggior parte degli studenti. Questo avrebbe dovuto essere il contenuto dei corsi da 2 mesi che ogni ateneo ha attivato. Considerando la durata ridotta dei corsi, mi pare ovvio che siano serviti a poco; non posso valutarli, non avendoli seguiti. Dico solo che in poco tempo, avrebbero potuto essere focalizzati sugli argomenti meno svolti nella secondaria, solo ripassando quelli noti.
6) Difficoltà del test: media, tendente al basso. La mia valutazione è basata sulla difficoltà delle domande (considerandole tutte corrette, vedi punto precedente) e sulla possibilità di rispondere ad almeno 18 di esse, arrivando alla sufficienza. In pratica, c'erano almeno 18 domande a cui uno studente diplomato avrebbe potuto rispondere? Certamente sì, considerando conoscenze medie.
7) Solo Fisica? NO! Tutti si sono focalizzati sul fallimento del test di Fisica (10% di promossi), ma anche gli altri due, con il 20% di promossi, non sono da meno. Nel migliore dei casi, l'80% degli studenti non l'ha passato. E allora perché stiamo parlando solo di Fisica e non di un problema generale? Forse perché la maggior parte della gente considera Fisica come la materia più incomprensibile del creato. Salvo poi discuterne sui social come possedessero un PhD.
8) Fisica è utile al medico? Accidenti, sì (come Biologia e Chimica). Avere un'idea di cosa stia dietro un ecotomografo, la differenza tra una RM e una CT, come si comporta un fluido in una vena, è giusto faccia parte del suo bagaglio, affinato poi lungo il cammino. C'è piuttosto da chiedersi perché le tre materie non siano state considerate degne di un esame ciascuna, tutto per sé.9) La contemporaneità degli esami può aver creato problemi? Probabilmente sì. Anche se non avrebbe dovuto. Un esame universitario annuale (9 mesi di corso) ha un carico simile (anche se una parte avrebbe dovuto essere già nota). Tuttavia è chiaro a tutti i docenti di secondaria che gli studenti sono spesso abituati a suddividere i carichi, quindi non più di una materia per volta. Tre esami separati (e completi) avrebbero risposto meglio.
Considerazioni finali
L'esperimento di una nuova gestione del numero chiuso è stato un fallimento, anche certificato dalla possibilità di backup proposta come rimedio, con il fantasma di non ricoprire tutti i posti disponibili. L'unione di esami e requisito di accesso è dannosa in partenza: uno studente che alla fine non supera uno dei tre esami, deve attendere il prossimo anno per iscriversi ad un altro corso di laurea, a meno di ulteriori capriole di regolamento. In condizioni normali, avrebbe colmato i buchi e ridato l'esame all'appello successivo. A questo aggiungiamo le tasse pagate. Allora, meglio la situazione precedente, con test d'ingresso sfrondato di domande non attinenti ed i tre esami da superare, separatamente, dopo corsi semestrali (veri).
Ora ci si troverà a non ricoprire tutti i posti disponibili, oppure ad abbassare il livello (spero di no, visto che qualcuno dovrà essere curato dai nuovi medici).
Certo, sarebbe meglio eliminare il numero chiuso e lasciar fare alla selezione naturale (al mio accesso a Fisica, eravamo una cinquantina, arrivati in fondo in meno di 20). Tuttavia, abbiamo visto che questo implica investire risorse e soldi.
Un fattore positivo (ma amaro) c'è! È finalmente visibile a tutti l'elefante in salotto (però già noto a molti docenti): c'è uno scollamento tra la preparazione in uscita dalla secondaria e quella attesa in ingresso dall'università. Semplice: se il 98% degli studenti supera l'esame finale, il filtro in ingresso all'Uni non dovrebbe segare l'80-90% degli iscritti, quando tale filtro si basa sulle conoscenze da diploma; è come se una parte misurasse in centimetri e l'altra in pollici. Quindi le conoscenze, inspiegabilmente, latitano.
Il problema, però, non è ristretto a queste: quando leggo che i tempi del test dovevano essere più lunghi, che 3 materie nello stesso giorno non vanno bene, o che durante questi test c'è troppa ansia, allora abbiamo un problema ben più grande: mancano competenze generali! Dopo cinque anni di verifiche e interrogazioni, l'ansia deve essere gestita; si deve essere in grado di ridurre i tempi, magari saltando le domandi più difficili; si deve essere capaci di portare avanti argomenti diversi in contemporanea. Le direttive scolastiche si focalizzano invece spesso su competenze più mirate, come il problem solving; ma qui siamo messi peggio: prima di aggiustare il rubinetto che perde, accertiamoci che l'acqua arrivi nei tubi.
Inutile negarlo: queste sono competenze che si sviluppano a scuola, dalla primaria fino alla secondaria. E non possiamo dare la colpa ai ragazzi di non averle sviluppate; raramente vengono loro richieste (l'ho visto da genitore, da docente e da professionista aziendale, quando si trattava di assunzioni). Sul perché questo accada, pur avendo le mie idee, preferisco non esporle: ho sempre visto che porta solo a dare la colpa agli altri, senza condurre a proposte solutive. Magari, un'altra volta.
Cominciamo a riconoscere la presenza dell'elefante nel salotto: sarebbe già un'ottima cosa.


Nessun commento:
Posta un commento