2024-07-17

Mattoni al posto delle batterie

Siamo onesti: le energie rinnovabili sono interessanti ed auspicabili, ma hanno l'enorme problema della discontinuità: di notte il fotovoltaico non funziona, quando non c'è vento l'eolico non serve... ma noi vorremmo poter mangiare anche quando è buio e non c'è vento!

Quando c'è il sole o tira vento, l'energia a disposizione è molto grande: considerando il valore della costante solare  (altri dettagli qui) e l’assorbimento di eventuali nuvole, il valore si aggira tra i 500 ed i 1000 W/m2. Se consideriamo un tetto di 10 m2, la potenza in gioco è di 10 kW (i normali contatori elettrici si bloccano a 3 kW!). Supponendo di avere insolazione per 3 ore (è poco, ma così teniamo conto solo di quando il sole è quasi perpendicolare), sono circa 100 milioni di joule. Il rendimento di conversione in energia elettrica di un pannello può variare, a seconda del tipo, dal 15% di tipo vecchio a 45% dei più recenti esperimenti (grafico, non di semplice comprensione, qui). Considerando un valore intermedio del 30%, l’energia ottenuta da sole 3 ore è di 30 milioni di joule, che corrispondono circa a 8 kWh.

Quindi durante il giorno possiamo far andare la lavatrice, usare il fornello a induzione… ma durante la notte ci piacerebbe avere almeno una parte di tutta quell’energia per far andare il computer e qualche luce. Si tratta quindi di immagazzinare quella non usata durante il giorno. In quei momenti, abbiamo bisogno di energia costante, ma proprio per questo, non rinnovabile: carbone? Nucleare?

Per risolvere il problemi, alcuni hanno avuto pensate non da poco, tra cui quella di usare le pietre!

La startup Rondo Energy ha ricevuto finanziamenti per approfondire un metodo di immagazzinamento dell’energia tramite la temperatura delle pietre.(qui la notizia). Il funzionamento teorico è semplicissimo: si parte dall’energia elettrica (da fonti rinnovabili) non utilizzata nei vari momenti del giorno, la si fa passare in una resistenza, dove per effetto joule, viene trasformata in calore (in pratica, una stufetta) che scalda l’aria, che a sua volta scalda un certo numero di pietre (si parla di tonnellate, ma ovviamente dipende dall’energia a disposizione). Quando poi c’è necessità di recuperare l’energia, si fa passare aria fredda tra le pietre, da cui viene scaldata: a quel punto si può costruire una macchina termica che lavora tra la temperatura dell’aria calda e quella ambiente. La massima temperatura raggiungibile deve essere sotto il punto di fusione delle pietre (tra 800 e 1500 °C a seconda della composizione, il che ci impedisce di usare l’acqua come fluido trasportatore del calore), mentre la temperatura fredda con cui lavorare potrebbe essere quella ambiente (20-25°C).

Trattandosi di un processo termodinamico che passa dal calore (si usa dire che sia “energia degradata”) il rendimento dell’intero processo non potrà essere superiore alla macchina di Carnot corrispondente. Considerando le temperature medie indicate sopra, il rendimento potrà essere al massimo attorno al 70%, a cui togliere ancora eventuali inefficienze della macchina termica. Nel migliore dei casi, degli 8 kWh di cui si è detto prima, potremo riottenerne circa 6.

Quindi, in ogni “ricarica” si perderà circa il 30% dell’energia originale. Bisogna però pensare che questo strano tipo di batteria ha un ciclo di vita praticamente illimitato (le pietre non si consumano in tempi brevi), si basa su materiale diffuso in natura (pietre e aria), non ci sono scorie (forse una tendenza all’aumento della temperatura, che potrebbe essere sfruttato per altri impieghi).

Naturalmente, il processo più semplice sarebbe di ottenere vapore con cui alimentare una turbina.

Parere contrario per la portabilità: una simile batteria deve essere per forza di cose grande e stabile; non pensiamo di attaccarci il cellulare… Potrebbe invece prospettarsi una possibile soluzione per l’approvvigionamento energetico delle industrie. In questa pagina sono riportati alcuni progetti in cui è previsto l’uso di queste batterie a calore.

Nessun commento: